In ogni arrampicata, la possibilità della meraviglia
«In ogni arrampicata, e ancora di più in ogni avventura, si nasconde qualcosa di inaspettato…un’arrampicata riuscita all’inizio è paura, mentre si sale è fatica e quando si scende dalla vetta diventa felicità. Il profondo respiro una volta raggiunta la vetta non ha tanto a che fare con il successo quanto con la meraviglia per essere riusciti a fugare i dubbi, a vincere le debolezze, e superare quel che sembra inaccessibile» (Reinhold Messner).
Viaggiando sul cammino come metafora della vita, intuiamo la verità nascosta nelle parole del primo alpinista a salire sull’Everest senza ossigeno e a raggiungere la vetta di tutti i 14 ottomila. L’esperienza della paura unita a quella della fatica, sorelle compresenti nei cammini di ogni donna e di ogni uomo, tanto nei viaggi esaltanti e produttivi quanto in quelli inficiati dalle passioni tristi, restano fondamentali. Ci riconciliano con la nostra limitatezza oltre l’efficienza a tutti i costi!
Come potremmo vedere il cielo, la terra e i suoi abitanti senza l’ausilio gratuito della meraviglia?
Già nell’Ottocento Søren Kierkegaard, antesignano della corrente esistenzialistica cristiana, pregava che gli fosse concesso di: «Non perdere la voglia di camminare: io camminando ogni giorno raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata».
Prima ancora, il pensiero stoico di una grande figura della tarda latinità quale fu quella di Lucio Anneo Seneca, già nel I secolo dopo Cristo, nell’opera De brevitate vitae raccomandava ai suoi cari amici filosofi di aver cura di sé non solo pensando concettualmente. Bensì a dedicarsi al raccoglimento interiore ispirato dal passeggiare nella natura “in quanto occupazione più tranquilla di ogni altra”. Soprattutto perché il camminare risveglia le nostre memorie sulle quali val la pena sostare con stupore rintracciando i passi già compiuti: secondo giustizia o, viceversa, sprecati per la troppa fretta e irriflessività.
Claudio Cavallo