Nel corso dell’estate mi sono consapevolmente avventurato in letture di autori che riflettono sul senso della vita attraverso la metafora del “cammino”, con l’intento di attingere ad una fonte cristallina di acqua, ad un pieno di aria pura da portarmi dentro per i mesi a seguire.
Filosofi, sociologi, antropologi, etnologi, teologi, scrittori, cercatori di senso s’interrogano sul perché gli uomini e le donne si siano sentiti tali solo alzandosi e mettendosi in cammino. Mettersi in viaggio per scoprire il mondo e, se stessi, è stato questo anelito a segnare l’evoluzione del genere umano. Il cammino verso nuovi orizzonti, il pellegrinaggio degli studiosi, l’avventura degli esploratori. È il movimento ad averci reso umani, e l’esigenza di andare oltre il qui e ora alla ricerca di forme di nuovi incontri, di spiritualità, di altri orizzonti geografici, linguistici o filosofici.
Tra le mille idee e riflessioni ne vorrei condividere alcune.
Camminatori curiosi
Prima tappa.
«Gli uomini in fondo non sono stati fatti per ingrassare alla mangiatoia, bensì per dimagrire lungo i cammini, oltrepassando alberi e alberi, senza mai rivedere gli stessi. Muoversi spinti dalla curiosità, conoscere, questo è conoscere» (Jean Giono, scrittore).
È alquanto curioso riconoscere che da quando la famiglia degli ominidi, circa cinque milioni di anni fa, ha cominciato a differenziarsi dalle grandi scimmie, il corpo abbia iniziato a raddrizzarsi e il bipedismo, ancora maldestro, ad esercitarsi. L’anatomia dei primi uomini – come riporta il sociologo e antropologo David Le Breton – si adatta a un profondo cambiamento climatico. Quando l’Africa orientale sperimenta una siccità che provoca la scomparsa degli alberi a vantaggio delle praterie e dei deserti, la dentatura e soprattutto il loro cervello si sviluppano, il bipedismo diviene più efficace: perdono due piedi, ma guadagnano due mani.
A buon diritto scrive André Leroi-Gourhan, etnologo: «L’uomo comincia con i piedi». Verso i dodici mesi di età, tutti i bambini del mondo compiono i primi passi impacciati, assumendo la posizione eretta e vivendo, per alcuni mesi, un percorso personale che riproduce le peripezie della specie umana. Fare memoria dei nostri “primi passi” è alquanto salutare per l’oggi dove mitezza e umiltà sono parole ormai in esilio. In ogni tempo, non si sono solo spostati corpi umani, da un luogo all’altro, sulle loro gambe, mettendo radici ovunque. Ciò che ha camminato con loro e in loro, furono parole, idee, conoscenze, problemi, metodi, mentalità, dottrine, domande, credenze…Errori e verità. Conoscenze e illusioni.
Articolo di Claudio Cavallo